He Killed My Roommate, Blamed Me, Now He’s Free

Amanda Knox
7 min readDec 9, 2020

--

[For an audio reading of this essay accompanied by further discussion, see this bonus episode of my podcast, Labyrinths.] [Italian text below]

It has been my fate to bear the infamy of Meredith Kercher’s tragic death, an infamy that belongs to her forgotten killer: Rudy Guede. Despite leaving his DNA on Meredith’s body, despite leaving his fingerprints and footprints in her blood, Guede was never charged with murder. Instead, was he quietly convicted of a lesser charge long before my own trial ever reached a verdict.

Taking his cue from the prosecution and media, Guede has taken every opportunity to blame and accuse me. And he has never acknowledged his horrific crime, or faced appropriate consequences.

The night Guede raped and killed my 21-year-old roommate was the horrific climax of a burglary spree he had been on since his adoptive family had disowned him a couple months prior. Just days before killing Meredith, he was caught in Milan burglarizing a nursery school, and found to be carrying a knife. After he killed Meredith, he fled Italy for Germany. The evidence of Guede’s guilt is overwhelming, as is the lack of evidence implicating any other suspect.

Had this crime occurred in the U.S., and had Guede been charged, convicted and sentenced for aggravated rape and 2nd degree murder, as he should have been, his sentence would likely have been life without parole, which is the federal mandatory minimum. As it is, this crime occurred in Italy, and Guede was charged, convicted and sentenced merely for sexual assault and conspiracy to commit murder. His sentence was sixteen years. After ten, he was allowed day release. After thirteen, he is being allowed to serve out the remainder of his sentence in freedom. And, of course, Guede’s name is not the one associated with his atrocity. Few people even know his name. Instead, they know mine. The only reason most people know I exist is because of what he did.

I am not upset that Rudy Guede is free. I’m not upset that journalists who continue to vilify me to this day are instead humanizing him, quoting his lawyers who claim he is “calm and socially well-integrated.” I’m not upset that he is being given a second chance. I believe, as Bryan Stevenson has said, that everyone is more than the worst thing they’ve ever done. I believe that even Rudy Guede deserves a second chance. But I am upset.

I’m upset that he’s never acknowledged his crimes, that he’s never been held fully accountable, and that I continue to bear the burden of his infamy.

So many people suffered because of his actions. He created a constellation of pain that enveloped Meredith’s family, me, Raffaele, our families, and the many who fought to clear our names. I’d wager, or hope, that Guede himself is a part of that constellation. Not because I wish him suffering, but because truly acknowledging what he did could not be anything but painful.

I don’t need to know his reasons, what was going through his mind that night. But I would like to know if he cares now. If he cares about what he did to Meredith, what he did to me.

In the day since news of his release broke, people keep asking me: what should his punishment have been? I think of my fellow exonerees. They are disproportionately men of color, like Guede. My friend Juan Rivera was sentenced to life in prison for a rape and murder he didn’t commit. He served 20 years before his exoneration. My friend Khalil Rushdan was sentenced to life in prison for a murder he didn’t commit. He served 15 years before he was exonerated. The average sentence for a wrongful conviction in the U.S. is 14 years, longer than Guede has spent in prison for actually raping and killing someone. Should he have gotten a life sentence? I don’t think so.

I would not wish an unreasonably harsh sentence on anyone. I would wish them only true rehabilitation. Guede’s lawyers say he’s well along that path. Maybe so. But I do know one thing: so long as he refuses to admit his crimes, to show true regret, I will continue to unjustly bear his infamy, be held accountable for the Kercher’s grief, be shamed for not showing remorse for Guede’s crime. He could end all that in a second. I doubt he ever will, but the day he does, I will celebrate his rehabilitation and wish him the best on a new and honest chapter of his life.

[Nota Bene: The above are my most composed and writerly thoughts about this subject. There are no f-bombs, for instance. If you want my more raw and emotional take on Rudy Guede’s release, you’ll find it in the bonus episode of Labyrinths.]

Ha ucciso la mia coinquilina, mi ha incolpata, ora è libero

È stato il mio destino sopportare l’infamia della tragica morte di Meredith Kercher, un’infamia che appartiene al suo assassino dimenticato: Rudy Guede. Nonostante abbia lasciato il suo DNA sul corpo di Meredith, nonostante abbia lasciato le sue impronte nel sangue di lei, Guede non è mai stato accusato di omicidio. Invece, è stato condannato per un’accusa minore molto prima che il mio processo raggiungesse un verdetto.

Prendendo spunto dal PM e dai media, Guede ha colto ogni occasione per incolpare ed accusare me. E non ha mai riconosciuto i suoi orribili crimini, né affrontato conseguenze appropriate.

La notte in cui Guede ha violentato e ucciso la mia coinquilina è stato il terribile culmine di una fila di effrazioni commesse da quando la sua famiglia adottiva lo aveva rinnegato un paio di mesi prima. Pochi giorni prima di uccidere Meredith, Guede è stato sorpreso a Milano mentre stava svaligiando una scuola materna, portando un coltello. Dopo aver ucciso Meredith, è fuggito dall’Italia per la Germania. Le prove della colpevolezza di Guede sono schiaccianti, così come la mancanza di prove che implichino qualsiasi altro sospetto.

Se questo crimine si fosse commesso negli Stati Uniti, e se Guede fosse stato accusato e condannato per stupro ed omicidio, come avrebbe dovuto essere, la sua condanna sarebbe stata probabilmente l’ergastolo senza condizionale, che è il nostro minimo obbligatorio federale. Così com’è, questo crimine era commesso in Italia e Guede è stato accusato e condannato solo per violenza sessuale e concorso in omicidio. La sua condanna era sedici anni. Dopo dieci, gli fu concesso i giorni del rilascio. Dopo tredici anni, gli è stato permesso di scontare il resto della sua pena in libertà. E, naturalmente, il nome di Guede non è quello associato alla sua atrocità. Poche persone conoscono nemmeno il suo nome. Invece, conoscono il mio. L’unico motivo per cui la maggior parte delle persone sa che esisto è per il crimine che Guede ha fatto.

Non sono turbata perché Rudy Guede sia libero. Non sono turbata perché i giornalisti che continuano a diffamarmi ancora oggi lo stiano invece umanizzando, citando i suoi avvocati che affermano che è “calmo e ben integrato”. Non sono turbata dal fatto che gli sia stata data una seconda chance. Credo, come ha detto Bryan Stevenson, che tutti siano più della cosa peggiore che abbiano mai fatto. Credo che anche Rudy Guede meriti una seconda chance. Ma sono turbata.

Sono turbata dal fatto che Guede non abbia mai riconosciuto i suoi crimini, che non sia mai stato ritenuto pienamente responsabile, e che io continuo a sopportare il peso della sua infamia.

Così tante persone hanno sofferto a causa delle sue azioni. Ha creato una costellazione di dolore che ha avvolto la famiglia di Meredith, me, Raffaele, le nostre famiglie e i tanti che hanno combattuto per la nostra innocenza. Scommetto, o spero, che Guede stesso faccia parte di questa costellazione. Non perché gli auguro più sofferenza, ma perché riconoscere veramente quello che ha fatto non può essere altro che doloroso.

Non ho bisogno di conoscere le sue ragioni, cosa gli passava per la mente quella notte. Ma vorrei sapere se gli importa adesso. Se gli importa quello che ha fatto a Meredith, quello che ha fatto a me.

Il giorno in cui si è diffusa la notizia del rilascio di Guede, la gente continua a chiedermi: quale avrebbe dovuto essere la sua condanna? Penso ai miei compagni esonerati. Sono sproporzionatamente uomini di colore, come Guede. Il mio amico Juan Rivera è stato condannato all’ergastolo per un omicidio che non ha commesso. Ha scontato 20 anni prima di essere esonerato. Il mio amico Khalil Rushdan è stato condannato all’ergastolo per un omicidio che non ha commesso. Ha scontato 15 anni prima di essere esonerato. La pena media per una condanna ingiusta negli Stati Uniti è 14 anni, più di quanto Guede abbia trascorso in prigione per aver veramente violentato e ucciso Meredith. Avrebbe dovuto essere condannato all’ergastolo? Non credo.

Non auguro a nessuno una sentenza irragionevolmente dura. Gli auguro solo una vera riabilitazione. Gli avvocati di Guede dicono che lui è su questa strada. Può darsi. Ma so una cosa: fintanto che lui rifiuta di ammettere i suoi crimini, di mostrare vero rammarico, io continuerò a sopportare ingiustamente la sua infamia, io continuerò ad essere ritenuta responsabile per il dolore dei Kercher, io continuerò ad essere diffamata perché non mostro rimorso per il crimine di Guede. Lui potrebbe far fine a tutto questo in un secondo. Dubito che lo farà mai, ma il giorno in cui lo fa, celebrerò la sua riabilitazione e gli augurerò il meglio per un nuovo e onesto capitolo della sua vita.

--

--

Amanda Knox
Amanda Knox

Written by Amanda Knox

Host of Labyrinths podcast, The Truth About True Crime, The Scarlet Letter Reports, and author of NYT bestseller Waiting to Be Heard. www.knoxrobinson.com

Responses (4)